La bellezza nel pensiero orientale
Fino a questo momento ci siamo soffermati solo sui significati e sulle definizioni occidentali del bello, ma cosa ne è della cultura orientale a riguardo?
Per il filosofo contemporaneo François Jullien, la divergenza tra cultura occidentale e orientale inizia già nel linguaggio poiché “le risorse della lingua predispongono il pensiero". Partendo dall'aggettivo, che riproduce la funzione di indicare e classificare la varietà e la molteplicità di ciò che non è definito, arrivando al sostantivo che invece isola il senso diventando così concetto assoluto. In questo modo, nel pensiero occidentale, possiamo distinguere tra "il bello" (sostantivo) e "ciò che è bello" (aggettivo).
Nella cultura orientale, in particolare in quella cinese non vi è distinzione tra sostantivo e aggettivo e così “il campo semantico rimane vario e nessun termine sembra prevalere sugli altri” né si lascia ordinare secondo un’unica prospettiva. La formulazione cinese porta oltre l’effetto monopolizzatore del concetto, tenendoci vicini al piano originario della percezione e al suo dinamismo.
Ovviamente la cultura cinese non rappresenta l'intera cultura orientale, ove il Giappone e il proprio pensiero si manifesta indipendentemente.
L’estetica giapponese (侘寂 : Wabi-Sabi) a differenza di quella occidentale, si esprime in forme alternative quali il tempo, la metafora, il vuoto e il significato simbolico. Infatti se da una parte l’Occidente ritiene il Bello come Materia viva, dall’altra la filosofia giapponese associa il Bello alla parte nascosta dal simbolo.
L'espressione che i giapponesi utilizzano per rappresentare la generale tendenza alla conoscenza piuttosto che la visualizzazione del Bello è "Mono No Aware "(もの の あわれ,“percezione della caducità”), un concetto estetico che esprime forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura e della vita umana, legata al suo incessante mutamento tra vita e morte.
Per il filosofo contemporaneo François Jullien, la divergenza tra cultura occidentale e orientale inizia già nel linguaggio poiché “le risorse della lingua predispongono il pensiero". Partendo dall'aggettivo, che riproduce la funzione di indicare e classificare la varietà e la molteplicità di ciò che non è definito, arrivando al sostantivo che invece isola il senso diventando così concetto assoluto. In questo modo, nel pensiero occidentale, possiamo distinguere tra "il bello" (sostantivo) e "ciò che è bello" (aggettivo).
Nella cultura orientale, in particolare in quella cinese non vi è distinzione tra sostantivo e aggettivo e così “il campo semantico rimane vario e nessun termine sembra prevalere sugli altri” né si lascia ordinare secondo un’unica prospettiva. La formulazione cinese porta oltre l’effetto monopolizzatore del concetto, tenendoci vicini al piano originario della percezione e al suo dinamismo.
Forma di pittura cinese |
L’estetica giapponese (侘寂 : Wabi-Sabi) a differenza di quella occidentale, si esprime in forme alternative quali il tempo, la metafora, il vuoto e il significato simbolico. Infatti se da una parte l’Occidente ritiene il Bello come Materia viva, dall’altra la filosofia giapponese associa il Bello alla parte nascosta dal simbolo.
L'espressione che i giapponesi utilizzano per rappresentare la generale tendenza alla conoscenza piuttosto che la visualizzazione del Bello è "Mono No Aware "(もの の あわれ,“percezione della caducità”), un concetto estetico che esprime forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura e della vita umana, legata al suo incessante mutamento tra vita e morte.
Esempio di "Rinascimento" giapponese su paraventi |
La grande onda di Kanagawa, XXI secolo Katsushika Hokusai |
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